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Tumori da amianto, un gruppo di ricercatori del Maggiore al lavoro

La malattia alla pleura originata dall'amianto al centro di uno studio, raggiunto il primo importante traguardo
12 febbraio 2013

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Approda al suo primo traguardo con risultati favorevoli e incoraggianti uno studio iniziato nel 2008 grazie al lavoro del gruppo di ricercatori dell’Ospedale di Parma, che fanno capo alla Chirurgia Toracica, tra cui Luca Ampollini, Paolo Carbognani e il direttore Michele Rusca. La malattia da combattere, e dunque da studiare, in questo caso si chiama mesotelioma, un nome che nei prossimi anni potremmo sentire pronunciare di frequente.

Le caratteristiche della malattia

Si tratta di una malattia originata nelle cellule – in questo caso del mesotelio – che rivestono le zone del nostro corpo in cui sono presenti le membrane sierose, come i polmoni. Questa area del nostro corpo, in particolare, può essere aggredita, tra i casi più gravi, da un tumore causato dall’esposizione all’amianto. Tetti di fabbriche e talvolta abitazioni, coperture dei treni, freni delle automobili: una lunga lista di oggetti, strutture e ambienti di uso comune ha racchiuso in sé parti di amianto fino alla normativa del 1992 che ne vieta la produzione e la lavorazione. Dunque l’esposizione all’amianto può essere stata anche lunga, nel caso di persone o operatori impegnati nella produzione e lavorazione del metallo e dei suoi tanti derivati.

L’aspetto più grave è l’insidiosità della patologia ma quello che preoccupa maggiormente i ricercatori di Parma che si sono messi al lavoro è l’arco di tempo che trascorre prima della manifestazione: dai 20 ai 40 anni senza alcun sintomo, prima che la malattia dia segno di sé. Un arco di tempo detto di “latenza” che fissa nei prossimi anni l’esplosione di incidenza del mesotelioma nella popolazione dei paesi industrializzati.

Le fasi dello studio

Lo studio, che ha l’obiettivo di valutare l’efficacia di una nuova formulazione del farmaco chemioterapico (il cisplatino), è arrivato al punto cruciale: il passaggio dalla sperimentazione negli animali –detta preclinica – a quella clinica nell’uomo. Tre le fasi sperimentali già concluse: una di osservazione del comportamento delle cellule tumorali dopo il trattamento farmacologico eseguita dall’équipe di Piergiorgio Petronini, coordinatore della Sezione di Patologia molecolare ed immunologia del dipartimento di medicina sperimentale. La seconda, di sperimentazione su animali di piccola taglia, come i ratti, della nuova forma farmaceutica contenente il cisplatino, prodotto nella forma di film grazie al contributo del gruppo di Paolo Colombo, preside della Facoltà di Farmacia dell’Ateneo. La terza fase di studio – definito farmacocinetico- ha previsto l’uso del film polimerico su un modello ovino, individuato per la somiglianza con l’uomo nella risposta ai farmaci e realizzato grazie alla collaborazione della Facoltà di veterinaria. La delicatezza di tutte le fasi è determinata dalla particolarità di ognuna: nel primo caso si tratta di osservare l’efficacia del farmaco, nel secondo e terzo di verificarne la tollerabilità e l’eventuale tossicità su altri organi. La sperimentazione ha concluso la cosiddetta fase pre-clinica, grazie al contributo di Fondazione monte Parma e di un gruppo di imprenditori della provincia di Parma. Ora è in corso la preparazione e definizione del progetto sperimentale per proseguire lo studio nei pazienti. Esso sarò effettuato in collaborazione con Marcello Tiseo e Andrea Ardizzoni, direttore dell’Oncologia Medica dell’Azienda ospedaliero-universitaria della nostra città.

Le previsioni per i prossimi anni

Gli studiosi prevedono che nelle regioni più industrializzate di Francia, Gran Bretagna, Svezia e Italia questa malattia, nei prossimi 10-15 anni, arriverà quasi a raddoppiare la sua incidenza nella popolazione. Lo stimolo alla sperimentazione che sprona il gruppo di Parma è l’aggressività della patologia che, in una certa percentuale dei casi, rende inefficaci le terapie messe in atto.

 

 

 

 

Ultimo aggiornamento contenuti: 12/03/2013