Al Maggiore uno dei primi interventi in Italia di riparazione di perdita paravalvolare mitralica per via percutanea

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Dati significativi escono dal rapporto Agenas e dall’Agenzia sanitaria e sociale regionale per la Cardiochirurgia dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Parma, diretta da Tiziano Gherli. La mortalità a 30 giorni dall’intervento, nel caso di bypass aortocoronarico isolato, all’Ospedale di Parma è contenuta al 1,14 per cento, con 268 interventi realizzati. Quella relativa agli interventi per le valvole isolate (eseguite da sole) è contenuta allo 0,6 per cento, con 170 interventi eseguiti. I dati, trattati dalla Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, che verifica l’andamento della sanità italiana secondo standard di qualità ed efficacia, si riferiscono al periodo gennaio-dicembre 2014 e documentano un attestato di buona sanità che emerge sulla base di una valutazione di efficacia e appropriatezza delle scelte e delle cure. Una sanità che rispetta in pieno gli standard di qualità del Ministero e che propone qualità e appropriatezza delle cure.
La pubblicazione di questi esiti arriva proprio all’indomani di un nuovo intervento realizzato sulla base dell’esperienza maturata con le nuove operazioni di sostituzione aortica transcatetere con metodo tavi, che si stanno sviluppando nella cardiochirurgia valvolare in questi anni. Si tratta di una sistemazione della valvola mitralica senza ricorrere alla tradizionale apertura dello sterno e alla complessa circolazione extracorporea. Sulla base di questo nuovo approccio, all’Azienda ospedaliero-universitaria di Parma, è stato possibile effettuare la riparazione di una perdita paravalvolare mitralica in un paziente che, per età e condizioni cliniche, sarebbe stato a alto rischio per la chirurgia tradizionale e con alto pericolo intra-operatorio. A realizzare l’intervento, nelle scorse settimane, il team della Cardiochirurgia e della emodinamica cardiologica con risultato clinico ottimale per il paziente e minimo rischio clinico: dopo un ricovero di soli cinque giorni il malato, infatti, è rientrato a casa. Si tratta di uno dei primi interventi di questo tipo in Italia.
L’accesso per l’esecuzione dell’intervento è stato creato con una piccolissima incisione di alcuni centimetri nel torace, per accedere direttamente alla punta del cuore. L’intervento, oltre ai vantaggi della minima invasività offre un grande vantaggio per il paziente, un trauma minore per l’intero organismo del malato, che affronta così il recupero in modo veloce. La prospettiva si apre dunque per tutti quei soggetti che, raggiunta la terza età, necessitano di un intervento di riparazione o sostituzione ma sono esclusi dalla possibilità dell’intervento tradizionale per la sua pericolosità o per le complicazioni legate ad altre patologie.
L’innovativo intervento è stato portato a termine da una équipe multidisciplinare composta da diversi specialisti: cardiologi, cardiochirurghi ed anestesisti il cui delicato lavoro comincia con un processo di selezione dei malati candidati alla procedura. Tra loro, Andrea Agostinelli e Luigi Vignali rispettivamente della Cardiochirurgia e della Cardiologia del Maggiore, dirette da Tiziano Gherli e Diego Ardissino.