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Dopo la conclusione della fase 1, il Comitato etico dell’Istituto Spallanzani ha approvato la sperimentazione di fase 2 dell’anticorpo monoclonale italiano su una fascia più ampia di pazienti. L’Emilia Romagna partecipa allo studio clinico sull’impiego degli anticorpi monoclonali nel trattamento del Covid-19 nei pazienti in fase precoce, sia asintomatici che con sintomi lievi. Il progetto sarà condotto in Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma dal direttore dell’Unità Operativa di Malattie infettive ed epatologia Carlo Ferrari e dalle dottoresse Alessandra Orlandini e Diletta Laccabue.
Gli anticorpi monoclonali, approvati dalle autorità regolatorie contro il Covid, sono farmaci che servono a curare chi ha già contratto l’infezione fornendo al paziente anticorpi immediatamente attivi contro il virus, potenziando quindi l’effetto protettivo delle risposte immunitarie indotte dall’infezione. Fin ora gli anticorpi monoclonali sono stati impiegati nel trattamento dei pazienti in fase “intermedia” della malattia, al domicilio del paziente oppure in Ospedale. Questo nuovo studio vuole testare l’efficacia del farmaco già dalla fase iniziale dell’infezione, e verificare se è possibile prevenire e bloccare l’evoluzione dei sintomi attraverso la somministrazione intramuscolo anziché endovenosa.
L’obiettivo che prevede la partecipazione di circa 800 pazienti in Italia, è valutare l’efficacia del nuovo anticorpo monoclonale, definendo il dosaggio adeguato a combattere il virus. Potranno aderire i pazienti che hanno raggiunto la maggiore età con diagnosi di COVID-19 recente, al massimo entro 3 giorni dal primo tampone positivo, che siano asintomatici oppure con sintomi lievi, tali da non richiedere il ricovero in Ospedale. I partecipanti che soddisferanno i criteri di inclusione saranno inseriti nello studio, che prevede l’iniezione dell’anticorpo monoclonale, chiamato “MAD0014J08”, sviluppato dalla fondazione senense Toscana Life Sciences, nei centri Ospedaleri aderenti.
Partecipare allo studio dovrebbe portare dei vantaggi in termini di riduzione del tempo necessario ad eliminare il virus dalle vie respiratorie, di prevenzione del peggioramento dei sintomi e di riduzione della probabilità di ricovero in ospedale e quindi di mortalità.