Donazione di sangue salvavita: Parma risponde all’appello del Friuli

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Una donazione di sangue salvavita, che ha collegato l’Ospedale di Parma con la regione Friuli-Venezia-Giulia, grazie a spirito di solidarietà e efficienza organizzativa. La richiesta ha alla base il caso di un paziente affetto da una patologia insidiosa, con la necessità urgente di ottenere una trasfusione di sangue con caratteristiche molto particolari, riscontrabili in un donatore ogni ventimila.
L’SOS, partito da un ospedale della regione Friuli-Venezia-Giulia, è approdato a Parma, che si è mobilitata immediatamente. I possibili donatori con le caratteristiche del caso, infatti, sono solo quattro in tutto il nord Italia; uno di questi è residente nella nostra provincia.
A rispondere dunque è stata la struttura complessa di Immunoematologia e Trasfusionale dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria, a fianco delle Associazioni di volontariato del sangue provinciali, in rete con il centro regionale sangue di Bologna: verificato il profilo del donatore e la rispondenza alle caratteristiche della richiesta, è stata la sua disponibilità che ha reso realizzabile l’intera operazione salvavita. La forte collaborazione con le Associazioni di volontariato e l’efficienza delle strutture ha permesso di poter rispondere in modo urgente e adeguato alle particolari necessità.
Definite anche le caratteristiche necessarie per la lavorazione della sacca salvavita, la macchina organizzativa ha cominciato ad operare. Raccolta la donazione lunedì mattina presso la sede Avis di San Pancrazio, le procedure di preparazione secondo le indicazioni richieste sono iniziate subito, tra queste quelle per il mantenimento di un alto numero di globuli rossi e per la conservazione di un cospicuo volume di sangue. Nel pomeriggio di martedì, la sacca è partita alla volta del Friuli con un trasporto speciale: anche per quest’ultimo tassello dell’operazione, infatti, è stato necessario rispettare precise prescrizioni, prime tra tutte velocità e refrigerazione. La trasfusione dell’unità a breve distanza di tempo dal prelievo è, in questi casi, una condizione indispensabile per il successo della intera operazione. Il rischio, ora scongiurato, per il paziente friulano che la malattia in atto portasse in tempi veloci ad un bassissimo numero di globuli rossi, fino quasi a una condizione simile a quella di chi ha subito radiazioni nucleari.
“Riconoscere il gesto di una singola persona – ha sottolineato Alessandro Formentini dirigente medico delegato dell’Immunoematologia e Trasfusionale – è un’opportunità per ringraziare tutti i donatori di sangue, che contribuiscono in modo così indispensabile alla cura degli ammalati”.