Papilloma virus, con il vaccino più sicure
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Per la prima volta è possibile oggi vaccinarsi contro un tipo di neoplasia: quella al collo dell’utero, il secondo tumore maligno nella popolazione femminile mondiale.
Il tumore alla cervice uterina infatti è provocato dall’infezione di un virus, l’Human Papilloma Virus (Hpv), contro cui sono già in commercio due vaccini efficaci nelle donne di età compresa tra i 9 e i 26 anni.
In Emilia Romagna partirà prossimamente il programma gratuito di vaccinazione contro il virus Hpv rivolto a tutte le bambine nel dodicesimo anno d’età (per il 2008, le bambine nate nel 1997); intanto molti genitori hanno già iniziato a informarsi e a far vaccinare le loro figlie adolescenti autonomamente, acquistando il vaccino in farmacia.
Ne parliamo con Giovanni Battista Nardelli, direttore della Ostetricia e ginecologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma.
Professor Nardelli, che cos’è l’Hpv, come si trasmette e come dall’infezione si arriva alla formazione di una neoplasia?
L’Human Papilloma Virus è un virus, di cui sono noti 120 genotipi (o ceppi) diversi. Di questi, una quarantina circa può infettare l’apparato genitale di uomini e donne. La quasi totalità dei tumori alla cervice uterina nelle donne è associato proprio all’infezione di Hpv: in particolare, sono stati identificati 15 tipi di Hpv correlati ad un alto rischio di sviluppare un tumore e 12 tipi a basso rischio perché isolati in concomitanza a lesioni pre-neoplastiche che difficilmente si trasformano in cancro.
Nella nostra unità operativa ogni anno seguiamo numerosissimi Pap test ed Hpv test che ci consentono di identificare le frequenti lesioni pre-neoplastiche di basso grado, selezionando un centinaio di lesioni pre-neoplasiche di alto grado e di tumori non invasivi, tutti trattati con chirurgia mini-invasiva e conservativa. Nonostante la capillare informazione ad eseguire i controlli specialistici, osserviamo ancora, in media, una decina di tumori invasivi del collo dell’utero che giovano di un trattamento chirurgico radicale seguito da radioterapia.
L’infezione da Hpv avviene per un contatto cute-cute con una persona infetta, nel 90% attraverso un rapporto sessuale. La massima capacità infettante del virus si registra in età giovanile: le donne ospitano il virus a livello vulvare e/o vaginale dove può restare latente e iniziare a provocare delle lesioni infettive e contaminanti : i condilomi, piccole ecrescenze che si possono formare sulle mucose vulvo-vaginali.
L’infezione da Hpv non è stabile: può negativizzarsi e successivamente ricomparire. Le difese immunitarie combattono contro il virus Hpv così come contro il virus di un raffreddore stagionale e essere infette non implica necessariamente che si svilupperà un tumore al collo dell’utero.
Il Pap-test e l’Hpv test consentono di effettuare una diagnosi precoce. Con il vaccino invece sarà possibile agire a monte, impedendo l’infezione.
I vaccini disponibili contro il virus Hpv assicurano l’immunità totale dal tumore al collo dell’utero?
No: i vaccini oggi in commercio sono due, uno bivalente (Cervarix, attivo contro i due ceppi di Hpv ad alto rischio 16 e 18) e uno quadrivalente (Gardasil, attivo contro i ceppi 16, 18 e i due a basso rischio 6 e 11). Si tratta dei ceppi più diffusi nei paesi industrializzati, ma è possibile essere infettate anche da altri ceppi di Hpv potenzialmente pericolosi, per i quali non sono ancora disponibili vaccini. È sicuramente una buona protezione, ma ancora essere vaccinate non esclude completamente la possibilità di sviluppare un tumore al collo dell’utero.
Per quanto riguarda il tempo di immunizzazione, è già stato dimostrato che il vaccino ha una copertura minima di 5 anni; sono ancora in corso degli studi per verificare se sarà necessario ripetere il vaccino, dopo quanti anni e se sarà possibile utilizzare vaccini contro un numero maggiore di ceppi virali.
Perché il programma di vaccinazione gratuito riguarderà le dodicenni?
Attualmente si ha certezza che il maggior titolo anticorpale (la formazione cioè degli anticorpi indotti dalla somministrazione del vaccino) si ha proprio intorno nella fascia di età 9-14 anni. La risposta immunologica, in seguito, decresce progressivamente fino ai 26 anni. Non sono ancora noti studi effettuati su donne con più di 26 anni.
L’efficacia del vaccino è massima nelle donne che non hanno ancora avuto rapporti sessuali e che non dovrebbero quindi essere già entrate in contatto con il virus Hpv: ecco perché ci si rivolge alle adolescenti.
Cambierà qualcosa nei programmi di screening?
No: il vaccino contro il virus Hpv è solo un’arma in più che si aggiunge ai due esami diagnostici che finora erano a nostra disposizione, il Pap-test e l’ Hpv – test : il prelievo cellulare avviene nella stessa occasione per entrambi.
Il pap-test (che consiste nella raccolta delle cellule sulla superficie del collo dell’utero e nel fornice posteriore della vagina e dal canale cervicale) permette di individuare eventuali lesioni pre-neoplastiche o neoplastiche che si sono già formate (causate da Hpv), ma anche infezioni non virali (batteriche, micotiche, ecc.) .
L’ Hpv-test (che con un apposito trattamento delle cellule prelevate dal canale cervicale permette di individuare l’infezione da Hpv ancora prima che si formino lesioni infiammatorie) si potrà continuare a fare per determinare la presenza di ceppi di Hpv diversi da quelli coperti dal vaccino.
In Emilia-Romagna è attivo un programma di screening che propone il Pap-test gratuito ogni tre anni per tutte le donne sopra i 25 anni: anche coloro che hanno assunto il vaccino dovranno continuare a parteciparvi, perché esistono altri ceppi di Hpv non coperti dal vaccino e perché si potrà così monitorare anche la reale efficacia del vaccino.
Quali sono i primi nodi da risolvere con la diffusione della vaccinazione anti-Hpv?
Innanzi tutto, è auspicabile la creazione di un registro unico in cui siano raccolte le informazioni su tutte le ragazze che vengono vaccinate, sia le dodicenni che rientreranno nel programma di vaccinazione di massa, sia coloro che hanno scelto di acquistare direttamente il vaccino in farmacia.
Pertanto predisporre un indirizzo e-mail che consenta al farmacista di comunicare le dosi vendute ed al medico vaccinatore quanti vaccini ha somministrato e di che tipo, consentirà un coordinamento ed un monitoraggio sul consumo e sulla reale efficacia della vaccinazione ed eventuali effetti sulle politiche sanitarie future, anche per quanto riguarda lo screening.
L’altro tema con cui dovremo confrontarci è come spiegare alle dodicenni l’importanza e le finalità di questo vaccino. Non è sufficiente parlare con i genitori: è molto importante riuscire a creare un dialogo adeguato anche con le vere destinatarie del vaccino, le adolescenti.
Se si pensa che il corpo umano a scuola si studia solo in terza media (a 13-14 anni) e che l’educazione sessuale è spesso ancora un tabù all’interno delle famiglie, è importante studiare strategie educative adeguate in questo senso. Altrimenti rischiamo che passi un messaggio sbagliato, come per esempio che dopo il vaccino si possono avere rapporti sessuali senza rischi o che 12 anni sia l’età giusta per il primo rapporto sessuale.
Le adolescenti possono essere vaccinate anche nei consultori pediatrici: sarà allora importante che i pediatri e gli operatori siano affiancati da personale qualificato, come le ostetriche. Da parte nostra, abbiamo già creato un gruppo di lavoro che sta studiando e sperimentando nuove tecniche di comunicazione per parlare di questo argomento proprio con le dodicenni.
La vaccinazione nelle minorenni toglie definitivamente il coperchio alla pentola del “dialogo con i figli”. È necessario aiutare i genitori e gli insegnanti, su questo argomento.
Lei consiglia ai genitori di far vaccinare le proprie figlie contro il virus Hpv ?
Assolutamente sì: la vaccinazione costituisce una prevenzione primaria; il pap test/Hpv test costituiscono una prevenzione secondaria. Nel primo caso lo scopo è quello di non vedere mai la malattia. Nella seconda condizione siamo in grado di cogliere la malattia sul nascere.
Nella pratica quotidiana sono io stesso che informo le mamme di questa opportunità, specie quando ho fatto nascere le loro figlie. Nessuna cura infatti garantisce la guarigione da Hpv, una volta che si è state infettate. L’unica terapia efficace è prevenire il contagio e l’arma che abbiamo a disposizione per farlo è proprio il vaccino.
Inoltre, non penso che la disponibilità dei due vaccini anti Hpv attualmente in commercio sia un punto di arrivo; è soltanto un punto di partenza. In Usa, per esempio, è già in fase di sperimentazione un vaccino che protegge contro 10 ceppi, mentre Gardasil e Cervarix sono rispettivamente quadrivalente e bivalente. Se in futuro ci si potrà immunizzare contro un numero maggiore di ceppi, sarà sicuramente un ulteriore passo in avanti.