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Le paralisi facciali
Che cosa sono le paralisi facciali?
Il movimento della muscolatura mimica facciale, responsabile delle espressioni del volto e quindi della capacità di comunicare le emozioni, dipende fondamentalmente dall’attività del VII nervo cranico, il nervo faciale.
Le sue fibre nervose innervano i muscoli della fronte, delle palpebre, della guancia, del naso e delle labbra. Il movimento corretto di tali strutture muscolari è importante per lo svolgimento di funzioni complesse come la parola, l’alimentazione e il sorriso. Un paziente affetto da paralisi facciale congenita o acquisita presenta una espressività del volto ridotta o assente e l’incapacità a compiere alcuni dei seguenti movimenti: chiusura delle labbra, pronuncia di alcuni suoni del linguaggio, sorriso simmetrico, chiusura delle palpebre e movimento delle sopracciglia.
Quali sono i diversi tipi di paralisi facciali?
Le paralisi facciali possono essere classicamente distinte in due grandi categorie:
- Paralisi facciali congenite
- Paralisi facciali acquisite
I pazienti affetti da paralisi facciali congenite sono quei pazienti che presentano la paralisi fin dalla nascita e la patologia può interessare un solo lato del viso, e si parlerà allora di paralisi congenita monolaterale, oppure entrambi i lati, e si parlerà allora di paralisi congenita bilaterale.
I pazienti affetti da paralisi facciali acquisite sono invece quei pazienti che non presentano la paralisi alla nascita, e in cui il difetto a carico del nervo faciale si verifica in seguito a traumi, tumori, infezioni o altre patologie rare.
In base poi alla severità della paralisi, ossia alla quantità di strutture muscolari coinvolte, si potrà parlare di grado severo, moderato e lieve.
Casi particolari di paralisi facciali congenite sono rappresentati dai pazienti affetti da Sindrome di Moebius.
Quali sono i problemi più comuni legati alle paralisi facciali?
I pazienti affetti da paralisi facciali vanno incontro ad una svariata serie di problemi correlati con tale patologia. La incompetenza labiale esita spesso, soprattutto nelle forme più severe, in una incapacità a contenere efficacemente la saliva, con uno scolo dalla bocca; è inoltre responsabile della frequente difficoltà o incapacità nella pronuncia di alcune lettere come la “b” o la “p”. L’assenza della mimica facciale determina una incapacità di esprimere le proprie emozioni, si pensi a tale proposito l’importanza del sorriso nei rapporti interpersonali, con importanti ripercussioni dal punto di vista psicologico e sociale.
La mancata chiusura delle palpebre determina spesso problemi a livello della cornea, con la possibile comparsa di ulcere e infezioni oculari.
La sindrome di Moebius
Nel 1888 l’oftalmologo P.J. Moebius studiò e classificò i pazienti affetti dalla concomitante paralisi congenita non progressiva bilaterale del nervo facciale e del nervo abducente (responsabile quest’ultimo dei movimenti di lateralità degli occhi). Da allora l’eponimo Sindrome di Moebius è stato utilizzato per indicare questa condizione.
L’eziologia e la patogenesi di questa sindrome non sono tutt’ora stati definiti con certezza, anche se, in particolare negli ultimi anni e grazie anche ai progressi compiuti nel campo della genetica, sembra emergere una compartecipazione di fattori genetici e ambientali che portano a disfunzioni durante lo sviluppo fetale responsabili del verificarsi del quadro patologico.
Dal punto di vista epidemiologico, tale patologia nel mondo ha una incidenza di circa un caso ogni 100.000 nati, rendendo quindi possibile la sua annoverazione fra le patologie definite rare.
In Italia grossi sforzi sono stati compiuti dalla “Associazione Italiana Sindrome di Moebius” Onlus per coordinare le richieste di assistenza dei pazienti affetti da tale patologia sul territorio nazionale ed europeo.
La presentazione clinica del paziente affetto da sindrome di Moebius dipende fondamentalmente dall’entità della paralisi e dalle strutture coinvolte. È stato inoltre evidenziata una stretta associazione tra le caratteristiche classiche della sindrome, ossia la paralisi del nervo faciale e del nervo abducente, e il contemporaneo coinvolgimento di altre strutture nervose, principalmente il II, il V, il IX, il X, l’ XI e il XII nervo cranico in diverse percentuali. Altre malformazioni associate possono coinvolgere gli arti (piede equino, agenesia o iposviluppo delle dita, sindattilia, brachidattilia), le malformazioni orofacciali (ugula bifida, palatoschisi, iposviluppo palpebrale, epicanto, ipertelorismo, micrognazia, deformità del padiglione auricolare con diminuzione dell’udito) e altre sindromi congenite come la sindrome di Poland, di Kallman e Hanhart.
Le problematiche principali connesse alla paralisi del volto sono fondamentalmente rappresentate dalla incompetenza labiale, con conseguente scolo di salive ed incapacità di pronunciare lettere come la “p” e la “b”; l’incompetenza palpebrale con la conseguente esposizione corneale e congiuntivele, lo strabismo convergente. Si verifica inoltre l’incapacità del paziente ad esprimere visivamente le emozioni da cui scaturiscono comportamenti sociali introversi e atteggiamenti di reclusione.
Diverse sono state le classificazioni proposte nel corso degli anni. Presso il nostro Centro ci atteniamo solitamente alla classificazione della dr.ssa Terzis del 2003 che prevede la suddivisione in:
- Sindrome di Moebius: paralisi completa bilaterale del nervo faciale e dell’abducente;
- Sindrome di Moebius incompleta: presenza di movimenti residui in un lato del viso;
- Forme Moebius-Like: paralisi monolaterali associate al coinvolgimento di altri nervi cranici.
Tale suddivisione presenta implicazioni importanti anche dal punto di vista terapeutico dal momento che la presenza di unità motorie residue condiziona anche la scelta del trattamento da riservare al paziente.
Trattamento delle paralisi facciali congenite e inveterate
Indicazioni alla chirurgia del sorriso
Il trattamento delle paralisi facciali dipende in maniera preponderante dal tipo di paralisi, dalla quantità e funzionalità delle strutture risparmiate e soprattutto dal tempo trascorso dall’instaurarsi della paralisi stessa. Non tutti i pazienti infatti devono essere sottoposti a chirurgia: nelle forme lievi, in cui vi sono buoni residui di motilità delle strutture mimiche facciali, la chirurgia può a volte essere sostituita dalla terapia logopedia e fisioterapica, con risultati spesso soddisfacenti. Tuttavia nella maggior parte dei casi, quando non vi sono strutture risparmiate dalla paralisi, la chirurgia diventa l’unico mezzo efficace per il ripristino del terzo inferiore del volto.
In tali casi la scelta del trattamento chirurgico dipende dal tipo di patologia. Possiamo infatti distinguere il trattamento delle forme bilaterali da quello delle forme monolaterali.
La smile surgery nelle forme bilaterali
Nei pazienti affetti da paralisi completa bilaterale il trattamento chirurgico prevede due interventi di trapianto di muscolo gracile reinnervato.
Tale intervento microchirurgico prevede l’allestimento di un lembo di muscolo gracile, un muscolo della coscia, e del suo peduncolo vascolare, ossia dell’arteria e della vena in grado di mantenere in vita il muscolo stesso, e del suo peduncolo nervoso, ossia del nervo che verrà utilizzato per ripristinare la contrazione del muscolo trapiantato e con essa il ripristino del sorriso (schema 1). Il lembo così preparato viene trasferito a livello del volto all’interno di una “tasca” che viene ottenuta dopo una incisione cutanea estetica che passa al davanti dell’orecchio per poi nascondersi nel capillizio. A questo punto, utilizzando il microscopio, vengono confezionate le anastomosi vascolari (ovvero si uniscono i vasi facciali con i vasi del lembo) e l’anastomosi nervosa. Per determinare infatti il movimento del muscolo che viene trapiantato, risulta essenziale un impulso motorio: per fare ciò si utilizza il nervo “masseterino” un nervo implicato nella masticazione e risparmiato dalla patologia (schema 2).
Il trattamento prevede due interventi separati, uno per ciascun lato, a distanza di circa 6-8 mesi l’uno dall’altro. Ogni intervento ha una durata di circa 6 ore e prevede un ricovero di circa 5-6 giorni salvo complicanze. Dal momento che viene prelevata solo una parte del muscolo dalla coscia (circa un terzo) non si verificano solitamente deficit funzionali conseguenti all’intervento.
Il tempo necessario per l’inizio della contrazione del muscolo trapiantato è variabile da soggetto a soggetto e dipende anche dall’età. In media comunque è di circa 4-6 mesi.
Fig. 1: Pre-operatorio e post-operatorio di una paziente di 8 anni affetta da sindrome di Moebius bilaterale completa. Nell’immagine pre-operatoria si noti la completa assenza di movimento del volto (alla paziente è stato chiesto di contrarre tutti i muscoli della faccia).
Fig. 2: Pre-operatorio e post-operatorio di una paziente di 6 anni affetta da sindrome di Moebius.
La smile surgery nelle forme monolaterali
Il trattamento chirurgico dei pazienti affetti da paralisi facciali monolaterali prevede l’utilizzo del nervo faciale sano controlaterale per trasmettere l’impulso motorio al muscolo trapiantato. Per fare ciò sono necessari due interventi chirurgici.
Durante il primo intervento viene isolata una branca terminale del nervo faciale sano e contemporaneamente viene prelevato un nervo sulla faccia posteriore della gamba
(il nervo surale) mediante 2 o 3 piccole incisioni. Il nervo viene quindi unito con un capo alla branca del nervo faciale del lato sano, mentre l’altro capo viene posizionato nel vestibolo labiale superiore (Cross face graft) (schema 3).
Dopo circa 6-8 mesi, il tempo necessario cioè perché le fibre nervose rigenerino, viene effettuato il secondo intervento.
Durante tale intervento si procede al prelievo di una parte del muscolo gracile e del suo peduncolo vascolare e nervoso, analogamente a quanto descritto per le forme bilaterali, e al suo trapianto a livello dell’emivolto affetto dalla paralisi. Anche in questo caso i vasi utilizzati preferenzialmente saranno i vasi facciali, mentre il nervo del muscolo verrà collegato al nervo precedentemente posizionato nel vestibolo labiale durante il primo intervento.
La durata del primo intervento è di circa 2 ore mentre per il secondo, come per le forme bilaterali, è di circa 5/6 ore. La degenza è di circa 2-3 giorni per il primo intervento e di circa 6 giorni per il secondo.
Anche in questo caso il tempo necessario per l’inizio della contrazione del muscolo trapiantato è variabile da soggetto a soggetto e dipende anche dall’età. In media comunque è di circa 7 mesi.
Nel caso invece di pazienti con forme incomplete in cui il nervo faciale controlaterale alla paralisi non sia perfettamente funzionante, di pazienti anziani o di fallimento della tecnica del cross graft è possibile utilizzare come nervo donatore il nervo masseterino, analogamente a quanto avviene nelle forme bilaterali: in questo caso il paziente sarà sottoposto ad un unico intervento chirurgico.
Fig. 3: Paralisi facciale monolaterale (snd Moebius Like): pre-operatorio e post-operatorio. In questo caso il nervo donatore utilizzato è il faciale sano controlaterale, mediante tecnica “cross-graft”
Fig. 4: Paralisi facciale monolaterale in esiti di intervento sulla base cranica. Nell’immagine pre-operatoria è possibile osservare lo studio dei vettori eseguito prima dell’intervento in modo da ricreare forma e direzione corretti rispetto al lato sano controlaterale. In questo caso è stato utilizzato come nervo donatore il nervo masseterino.
La chirurgia della palpebra
Come accennato in precedenza la paralisi del VII nervo cranico comporta anche la paralisi del movimento di abbassamento della palpebra superiore, mentre la sua elevazione, controllata da un altro nervo cranico, non viene coinvolta.
L’impossibilità di chiusura dell’occhio può portare, a seconda della gravità, a irritazione oculare, bruciore, fino a congiuntiviti e cheratiti.
Presso il nostro reparto questa patologia viene trattata mediante due tecniche diverse a seconda delle esigenze del paziente e della gravità della paralisi.
Nella maggioranza dei casi si procede al posizionamento di un pesino palpebrale in platino, invisibile e completamente bio-integrato, che ha la funzione di aiutare l’abbassamento della palpebra sfruttando la forza di gravità. Il pesino viene posizionato mediante un piccolo intervento in anestesia locale o nel corso di un intervento di rianimazione facciale in anestesia generale.
Nei casi in cui il pesino non sia risultato efficace o nei casi più gravi si procede invece alla rotazione di un segmento di muscolo temporale dalla regione della tempia alla palpebra, ottenendo così la rianimazione della palpebra stessa mediante la contrazione del segmento muscolare trasposto.