Cellule staminali, neuroni specchio e genomica
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Venerdì 6 giugno si svolgerà presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma (Aula magna padiglione Clinica e terapia medica, 9.30-13) il workshop “Aspetti innovativi in campo medico”, nell’ambito del master “Imparare la metodologia della ricerca lavorando con gruppi che la praticano”.
Tre esperti di livello internazionale, Piero Anversa (Brigham and Womens Hospital, Harvard University, Boston), Giacomo Rizzolatti (direttore dipartimento Neuroscienze Università degli studi di Parma), e Thomas Quertermous (William G. Irwin Professor of Medicine and Chief of the Division of Cardiovascular Medicine, Stanford University), faranno il punto sulla ricerca nel campo rispettivamente delle cellule staminali cardiache umane, dei neuroni specchio e dell’utilizzo della genomica nella prevenzione delle malattie metaboliche e vascolari.
Ne parliamo con Roberto Delsignore, direttore del dipartimento Medico polispecialistico 1 dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma e organizzatore del workshop.
Professor Delsignore, qual è il filo conduttore del workshop?
Abbiamo scelto di approfondire tre importanti scoperte dell’ultimo decennio nel campo della fisiologia e della fisiopatologia umana: l’esistenza delle cellule staminali cardiache e il loro potenziale utilizzo nella riparazione miocardica; i neuroni specchio nella fisiologia e patologia umana; l’impatto della genomica nell’identificazione di varianti geniche associate in particolare al rischio cardiovascolare.
Sono tutte scoperte effettuate nel corso di ricerche sperimentali di base, che hanno aperto o apriranno la strada a importanti applicazioni in campo clinico, in particolare per quanto riguarda la prevenzione e la cura di alcune malattie. L’Azienda Ospedaliero-Universitaria e l’Università di Parma sono attualmente coinvolte in progetti di ricerca sperimentale su tutti e tre questi fronti.
L’Azienda Ospedaliero-Universitaria partecipa anche a progetti di applicazione clinica in questi settori?
Sì: è stato recentemente avviato un progetto di ricerca clinica finanziato dalla Regione Emilia-Romagna che riguarda proprio la rigenerazione del cuore tramite cellule staminali e che coinvolge la Cardiochirurgia, la Clinica e terapia medica, l’Ematologia, la Cardiologia e altre strutture.
Il gruppo di Piero Anversa negli Stati Uniti ha infatti dimostrato che anche nel cuore umano esistono cellule staminali in grado di riparare le lesioni che si instaurano a seguito di infarto del miocardio o per cardiopatia ischemica con insufficienza cardiaca. Prima delle ricerche di Anversa (a cui hanno collaborato anche i professori Federico Quaini ed Ezio Musso, rispettivamente della Clinica e terapia medica dell’Ospedale e del dipartimento di Biologia evolutiva e funzionale dell’Università di Parma), si pensava che non si potessero riparare i danni cardiaci; invece ora è stato dimostrato che le cellule staminali cardiache sono in grado di rigenerare sia il tessuto muscolare del cuore, sia le arterie e i capillari.
A seguito di questi studi di tipo sperimentale diversi gruppi di scienziati nel mondo stanno cercando di applicare le conoscenze sulle cellule staminali cardiache e sulle potenzialità di rigenerazione del tessuto miocardico alla pratica clinica.
In cosa consiste il vostro protocollo clinico sulla rigenerazione miocardica?
Ci sono diversi modi di ottenere le cellule staminali che poi contribuiranno alla rigenerazione del tessuto cardiaco. In questo momento, utilizziamo le cellule staminali del midollo osseo che sono cellule multipotenti, in grado cioè di differenziarsi dando origine a tessuti diversi. Le cellule staminali prelevate dal midollo osseo del paziente stesso vengono iniettate direttamente nel cuore, per esempio nel corso di un intervento di by pass, per riparare i danni miocardici.
Questo protocollo è già stato sperimentato su alcuni pazienti ricoverati in Cardiochirurgia, ma lo studio è soltanto alle fasi iniziali. La speranza è che l’utilizzo delle cellule staminali ottenute da piccoli frammenti di cuore dello stesso paziente possano essere una soluzione terapeutica ancor più efficace per pazienti con scompenso cardiaco grave che finora avevano tra le poche prospettive possibili il trapianto di cuore.
Anche per i neuroni specchio e gli studi di genomica applicati al rischio cardiovascolare ci sono prospettive future di applicazione in campo clinico?
I neuroni specchio sono terminazioni nervose che si attivano nel cervello sia quando si compie un’azione sia quando si osserva qualcuno che compie quella stessa azione. Scoperti inizialmente nelle scimmie proprio a Parma dal gruppo di ricerca di Giacomo Rizzolatti, è stato in seguito dimostrato che sono presenti anche nell’uomo e si presume che avranno importantissime ripercussioni in ambito clinico, sia nell’ambito dell’autismo, condizione che potrebbe essere dovuta a un’interruzione del funzionamento del sistema dei neuroni specchio, sia nel campo della neuroriabilitazione motoria.
Per quanto riguarda invece la genomica e il rischio cardiovascolare, Thomas Quertermous è stato uno dei primi a mettere a punto le metodiche per identificare attraverso lo studio del genoma i soggetti predisposti a malattie metaboliche, come il diabete, o a malattie vascolari su base metabolica (dovute per esempio a displipidemia).
Attualmente, anche nei laboratori della sezione di Malattie endocrino metaboliche della Clinica e terapia medica siamo in grado di analizzare il genoma per investigare geni e variazioni associati a queste malattie poligeniche, collaborando attivamente con Quertermous. Per ora, sono ancora ricerche di tipo sperimentale, ma in futuro potrebbe essere possibile sottoporre a screening genetico i soggetti potenzialmente a rischio e, nel caso l’analisi del genoma confermasse la predisposizione, cercare di prevenire o ritardare l’insorgenza della malattia.