Attualità scientifica

Epatiti, le novità nelle cure

Workshop sulle prospettive nell'epatologia clinica. Intervista a Carlo Ferrari
17 aprile 2008

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Sabato 19 aprile si terrà il secondo workshop del master “Imparare la metodologia della ricerca lavorando con gruppi che la praticano”, sul tema “Aspetti innovativi nel campo delle epatiti virali”. Ne parliamo con Carlo Ferrari, direttore di Malattie infettive ed epatologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma.

 

Qual è la situazione delle epatiti virali B e C oggi?

Le epatiti B e C continuano a essere uno dei problemi socio-sanitari più importanti perché cronicizzano e quindi pesano molto sulla vita delle persone. Le epatiti da virus C cronicizzano infatti nel 70-80% dei casi e si calcola che almeno il 3% della popolazione italiana sia infettata da questo virus. L’infezione da virus B, quando contratta in età adulta, ha una minore tendenza a cronicizzare, ma ugualmente si calcola che in Italia la percentuale di portatori cronici di virus sia compresa fra l’1% e il 2% della popolazione.

Per quanto riguarda l’epatite B, quali sono le novità?

Sull’epatite B ci sono due fatti da richiamare, rispetto all’ultimo decennio. Il profilo epidemiologico, in Italia, si è modificato con un aumento delle nuove infezioni, dovute da un lato alla trasmissione sessuale in soggetti vaccinati ma non protetti, e dall’altro ai fenomeni migratori di soggetti già ammalati, che arrivano da altri paesi.

E per le cure dell’epatite B?

È aumentata la possibilità di risposta terapeutica con l’introduzione di nuovi farmaci. Peraltro sono farmaci che vanno presi tutta la vita e, proprio per questo, da utilizzare oculatamente nel dosaggio e nella sequenza in cui essi vengono assunti, per limitare al massimo l’insorgenza di resistenze che possono limitare l’efficacia della terapia nel tempo. Le resistenze possono insorgere dopo qualche anno, ma in caso di utilizzo inappropriato dei farmaci possono addirittura insorgere in pochi mesi e, in soggetti cronici che devono assumere i farmaci anche per venti o trent’anni, questo può creare grossi problemi rendendo difficile o addirittura impossibile contrastare in modo efficace la malattia.

Cos’è l’infezione occulta da Hbv?

Sono quei casi in cui nell’organismo è presente il virus dell’epatite B, anche se gli esami che si utilizzano per la diagnosi di infezione risultano completamente negativi. Questa forma inapparente di infezione non si manifesta in quanto tale, ma in presenza di altre patologie del fegato può rappresentare un co-fattore di andamento sfavorevole e di aggravamento del quadro clinico. La presenza occulta del virus dell’epatite B, ad esempio, è significativa nelle epatiti C, dove raggiunge il 30% dei casi. La diagnosi delle infezioni occulte è un aspetto che sta diventando molto importante.

Qual è la situazione per le epatiti C?

Sull’epatite C sono tre i punti da sottolineare. Il primo è che non esiste un vaccino (che invece c’è, ed è efficace per l’epatite B). Secondo punto è l’incidenza di nuovi casi, che è in calo grazie alle misure di prevenzione generali e ai nuovi test diagnostici che permettono di identificare il virus con alto grado di sensibilità negli esami del sangue. In terzo luogo va ricordato che i farmaci disponibili, interferone e ribavirina, curano solo il 50% dei pazienti trattati.

Quest’ultimo sembra un dato pesante. È così?

In realtà, l’efficacia curativa delle terapie disponibili è aumentata notevolmente negli ultimi 15 anni, passando da un 15% ad un 50% di risposte durature nel tempo. In considerazione dell’elevato numero di portatori cronici di virus C, un 50% di inefficacia curativa pone tuttavia il problema di identificare nuove strategie terapeutiche, sviluppare nuovi farmaci e ottimizzare l’utilizzo dei farmaci disponibili. In particolare è importante la possibilità, concessa da poco dai protocolli ministeriali, di riprovare il trattamento su pazienti che non hanno risposto ad un primo ciclo di terapia. Oggi dobbiamo riuscire a identificare quei soggetti che possono giovarsi di un “ritrattamento”, quindi ora va individuata la modalità per scegliere i pazienti adatti. La strada imboccata è quella della terapia personalizzata, che significa accorciare o prolungare la terapia sulla base delle esigenze del singolo paziente oppure utilizzarla una seconda volta, per un ritrattamento che possa portare alla guarigione definitiva.

A parte questo ci sono altre novità sul fronte delle terapie?

Un ricercatore, che interverrà al workshop, è il responsabile di uno dei gruppi di ricerca che stanno sviluppando nuove classi di molecole che agiscono su una proteina del virus, inibendone l’attività che è essenziale per il ciclo vitale del virus stesso. È una prospettiva interessante, anche se è presto per dire quanto tempo occorrerà perché queste nuove classi di farmaci diventino disponibili nella pratica clinica.

Sul fronte dei vaccini?

Un altro intervento al workshop farà il punto sul vaccino preventivo e su quello terapeutico. Lo stato delle conoscenze oggi fa ritenere molto difficile avere un vaccino che riesca a prevenire l’infezione, ma si può arrivare – lo dimostrano degli esperimenti condotti su scimpanzè – ad un vaccino che prevenga l’evoluzione cronica dell’epatite C, che si realizza in circa il 70-80% dei casi. Già questo sarebbe un importante risultato.

Ultimo aggiornamento contenuti: 28/10/2012