Bando Giovani ricercatori 2007: intervista a D. Corradi
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Intervista a Domenico Corradi.
Il trattamento dello scompenso cardiaco
Domenico Corradi, 40 anni, è ricercatore universitario dal 2001, lavora in convenzione presso la struttura di Anatomia e istologia patologica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma. Si è laureato con lode in Medicina e chirurgia nel 1994 e specializzato con lode in Anatomia patologica nel 1999 presso l’Univeristà di Parma. Dal 2006 frequenta ogni anno, per vari periodi, il Department of Laboratory Medicine and Pathology della Mayo Clinic di Rochester, MN, USA. È autore o coautore di 54 pubblicazioni su riviste internazionali, 9 su riviste nazionali e 4 capitoli di testi scientifici.
Qual è il titolo del progetto di ricerca?
Nuove applicazioni terapeutiche nel trattamento dello scompenso cardiaco cronico.
Quale l’obiettivo principale?
Produrre dei patches (in sostanza dei cerotti) biocompatibili da applicare sulla superficie del ventricolo sinistro del cuore di pazienti con insufficienza cardiaca cronica, in grado di rilasciare fattori di crescita o farmaci ipertrofizzanti/anabolizzanti e, in una seconda opzione, anche delle cellule staminali. Il tutto per consentire un rilascio locale di molecole attive o un possibile ripopolamento cellulare dell’area cardiaca interessata. Questo consentirebbe di trattare in modo più efficace lo scompenso cardiaco cronico ed evitare gli effetti collaterali di una somministrazione dei farmaci per vie sistemiche.
Quali persone sarebbero interessate da questo prodotto?
Lo scompenso cardiaco cronico rappresenta una patologia con un’incidenza nella popolazione dello 0,4-2% e, nei casi severi, una sopravvivenza del 50% a un anno dalla diagnosi. In molti casi l’unica valida riposta terapeutica, a tutt’oggi, è il trapianto. La scarsa disponibilità di organi ha spinto la ricerca verso soluzioni non trapiantologiche. Per questo motivo sono state descritte numerose tecniche chirurgiche che hanno approcciato il problema intervenendo sull’albero coronarico, sul ventricolo o sulle disfunzioni valvolari che lo scompenso aveva indotto.
Più recentemente, si sono delineate nuove frontiere per il trattamento dello scompenso cardiaco, quali l’uso delle cellule staminali e l’impiego di materiali prodotti dalla bio-ingegneria. Per quanto riguarda, in particolare, l’uso dei biomateriali, esistono già alcuni studi che hanno valutato l’efficacia nell’animale di questi prodotti costruiti non solo col fine di restituire la geometria del ventricolo sinistro, ma anche di interagire con il miocardio.
Il progetto va in questa direzione con l’obiettivo di mettere a punto prodotti con tessuti pre-cellularizzati o medicati in grado di migliorare la funzionalità cardiaca e di trattare le forme di scompenso di cuore cronico la cui attività locale limiterebbe effetti collaterali sistemici. Inoltre questi patches verrebbero applicati con interventi cardiochirurgici anche mininvasivi. Il raggiungimento di questi scopi avrebbe quindi ovvie ricadute sulla prognosi del paziente, sui tempi di ospedalizzazione e, di conseguenza, sulla spesa del Servizio sanitario nazionale.
Quali le strutture coinvolte nella ricerca?
L’Anatomia e istologia patologica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma coordina il progetto; l’attività coinvolge a vari livelli istituti e unità specialistiche: Cardiochirurgia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Università di Bari, Spedali Civili di Brescia, Ospedale Careggi di Firenze, Università di Trento, Ospedale Mauriziano di Torino.
Come ha reagito quando ha saputo che il suo progetto è stato selezionato nei 40 premiati?
Ho reagito con stupore ma soprattutto con contentezza. A questo punto speriamo solo che venga finanziato.