Chirurgia tiroidea mini-invasiva con la tecnica Mivat
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Da dieci anni l’utilizzo di tecniche endoscopiche e laparoscopiche ha cambiato l’approccio chirurgico a numerose patologie, tra le quali le malattie della tiroide che richiedono l’asportazione totale o parziale della ghiandola.
La struttura complessa di Clinica chirurgica e trapianti d’organo dell’Ospedale Maggiore, diretta da Mario Sianesi, vanta una decennale esperienza nell’utilizzo di tecniche mini-invasive, negli ultimi cinque anni in particolare nella metodica Mivat (mini invasive video assisted thyroidectomy). L’ospedale di Parma è infatti uno dei pochi centri altamente qualificati in Italia, con casistiche molto significative, nei quali è possibile effettuare l’intervento di tiroidectomia mini-invasiva video-assistita.
I risultati di uno studio scientifico sui vantaggi dell’utilizzo della metodica Mivat sono stati pubblicati sull’ultimo numero della rivista internazionale Langenbeck’s archives of surgery.
“La mini-invasività non deve essere valutata solo per il risultato estetico – spiega Paolo Del Rio, primo autore dello studio pubblicato – ma comprende un più ampio concetto di trauma per il paziente: l’intervento endoscopico con tecnica Mivat garantisce una netta diminuzione del dolore postoperatorio, una più agevole ripresa funzionale del paziente e non comporta un aumento nell’incidenza delle complicanze associate alla chirurgia tiroidea”.
La ricerca è stata condotta su 1015 pazienti trattati con intervento di tiroidectomia totale dal luglio 2005 al marzo 2009, dei quali 211 con tecnica Mivat.
I risultati dello studio evidenziano come la tecnica possa essere considerata sicura ed efficace al pari delle metodiche tradizionali, con il vantaggio di essere riproducibile e di garantire una migliore identificazione delle strutture (nervo ricorrente e ghiandole paratiroidi), grazie all’ingrandimento delle immagini inviate dalla telecamera. Può essere utilizzata sia nelle patologie benigne che nelle lesioni maligne a basso rischio.
La Mivat consente di ridurre i danni estetici, con una cicatrice d’incisione chirurgica che non supera i 2 centimetri (contro i 5 centimetri della tecnica tradizionale) e riduce i rischi post-operatori, in particolare quelli legati all’alterazione della voce. La durata dell’intervento è generalmente inferiore rispetto a quello tradizionale e, nei casi in cui l’anestesia generale è controindicata, può essere svolto in anestesia locale.